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La birra italiana che ha vinto per il secondo anno consecutivo il campionato mondiale

Antonio Scuteri

Repubblica.it

 

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Birra Menabrea

La birra italiana ha vinto per il secondo anno il campionato mondiale.

E' il simbolo dei gusti che cambiano

Ambrata al gusto di vaniglia La Menabrea si beve così

Sul podio, sul gradino più alto, c'è un'italiana. E' bionda. Piemontese di Biella, e per due anni di seguito, il 1997 e il 1998, una giuria internazionale l'ha preferita a rivali più aristocratiche, tedesche, belghe e olandesi, che in fatto di bionde vantano una ben più consolidata tradizione. Si chiama Menabrea, e se fino a qualche anno fa era praticamente sconosciuta, oggi è tra le migliori al mondo. La bionda è una "pale-lager": ovvero una birra spumeggiante, leggera e dissetante, dalla storia particolarissima.

Nata centocinquant'anni fa, in una terra di grandi vini, utilizzando lieviti particolari e sfruttando il luppolo della Hallertau, una pianura della Bavaria, la Menabrea ha un segreto che gli stessi produttori riconoscono: l'acqua di Biella, che è quasi distillata, con la sua fonte profonda oltre 1.500 metri. Ma è il mix con materie prime selezionatissime, e l'impiego di tecniche antiche affiancate a strumenti moderni, a produrre il risultato: una birra ambrata, unica nel suo genere. Semplice, a bassa fermentazione, di soli cinque gradi alcolici, speziata alla vaniglia, ai chiodi di garofano e alle foglie di the, e insignita, appunto, col prestigioso "World Beer Championship" di Chicago.

Il riconoscimento, in realtà, è solo la punta dell'iceberg di ciò che sta accadendo da qualche anno nel mondo della birra italiana. Che, tendenzialmente esterofilo, diffusamente snob verso i produttori nostrani, deve bruscamente ricredersi: oggi le moderne tecniche di produzione della birra non hanno nulla da invidiare al resto del mondo. La Forst Sixtus di Merano; la Rossa friulana Moretti, la Peroni Gran Riserva e altre etichette, sinora considerate minori e destinate a un consumo familiare, sono i segni più vistosi di questa ascesa messa in luce dagli esperti. Certo, l'ingresso di alcuni gruppi stranieri nell'industria italiana ha avuto il suo peso: come nel caso dell'olandese Heineken, che ha assorbito la Dreher; o della Carlsberg, regina delle birre danesi, che ha acquisito buona parte della Poretti di Induno Olona, vicino Varese.

Ma avanzano anche birre poco conosciute e finora diffuse in ambiti ristretti: come la sarda Ichnusa, con un cuore alla mela verde, o la Raffo di Taranto, ricca di profumi erbacei e floreali. Bevande "storiche", nate negli stessi anni in cui nasceva l'industria dello sfruttamento del malto e del luppolo nelle fabbriche di tutta Europa. Birre con caratteristiche qualitative frutto di ricette antiche, rilanciate da tecniche nuove. Birre assai amate in ambito locale, ma pressocché sconosciute nel resto del Paese. Che ora richiedono alleanze nuove: sul piano dell'immagine, soprattutto, e della diffusione di una cultura birraria. Per superare anche l'ultimo paradosso: che in Italia si continui a bere ancora poca birra.

In realtà gli ultimi anni sono stati di vero e proprio boom, con una produzione che ha fatto passi da gigante, e sfiora gli undici milioni di ettolitri. Alla quale bisogna aggiungere le birre importate, che rappresentano poco meno del 20 per cento del consumo. Una crescita esponenziale, che non è però solo quantitativa. E' il consumatore a essere cambiato, sono i gusti ad essersi profondamente modificati.

Tutto ciò fa sì che la birra non sia più solo la fresca bevanda con la quale dissetarsi durante l'estate, magari davanti a una pizza. Termini nobili come degustazione e abbinamento, un tempo dedicati esclusivamente ai vini più pregiati, cominciano a essere associati anche alle migliori tra le birre, italiane e straniere. Sono sempre più numerosi i ristoranti di alto livello nei quali è possibile trovare una lista di birre di qualità affiancata a quella dei vini doc e dei cru più rari. L'ultimo caso è quello del Symposium di Cartoceto, uno dei ristoranti italiani più quotati, che ha creato un intero menù degustazione pensato proprio per esaltare al meglio gli aromi della birra. E cultori della materia enogastronomica, come gli esperti del Gambero Rosso, quest'anno hanno pubblicato per la prima volta il "Berebene Birra", che passa in rassegna le 180 migliori birre distribuite in Italia, con tanto di schede organolettiche, note di degustazione e consigli di abbinamento. Dando forse per la prima volta nel nostro paese alla "bevanda bionda" la stessa dignità del vino. E non è un caso che in Italia stia prendendo sempre più piede il fenomeno delle "microbirrerie": locali, pub o semplici privati che con un kit del "piccolo birraio" producono in proprio birre di qualità.

(21 agosto 1999)

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