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I saloon di New York

di Michael Jackson

slowine
messaggero di gusto e cultura
numero 27, marzo 2002

Puritani e irlandesi, birra e superalcolici, pub e saloon: viaggio negli Stati Uniti del buon bere, con una selezione dei migliori locali della Grande Mela secondo il più grande esperto di birra del mondo.

Il servizio del cibo e delle bevande in Europa è fortemente influenzato dallo scisma storico del cristianesimo, grosso modo lungo l’asse nord-sud. Le stesse influenze religiose costituiscono quella medaglia a due facce che sono gli Stati Uniti d’America: in Europa i paesi cattolici considerano l’appetito naturale per cibi e bevande un’occasione di godimento («Un pasto senza vino è come un giorno senza sole»); le nazioni protestanti invece faticano a scrollarsi di dosso i moniti («ciò che ricevi è una necessità; abbiamo cercato di renderlo il più neutro possibile alla vista e al palato; non prendere troppo; sii grato; non farti cogliere a goderne in modo frivolo»). Dall’altra parte dell’Atlantico i pellegrini puritani sono ricordati come i padri fondatori degli Stati Uniti, eppure questo è il paese del consumo sfacciato.
I pellegrini salparono dalle città protestanti di Leiden in Olanda e di Plymouth in Inghilterra; rimasti senza birra, sbarcarono in quello che fu chiamato Massachusetts anziché in Virginia come avevano progettato. Gli operosi e intraprendenti olandesi e inglesi furono i primi birrai degli odierni Stati Uniti, ma avevano bisogno dei cattolici per ottenere il permesso di godere. Mi sembra che l’influenza irlandese costituisca l’ingrediente essenziale del classico saloon americano.
Mentre le altre nazioni cattoliche d’Europa si trovano nel Sud produttore di vino, l’Irlanda è un paese settentrionale che coltiva orzo per fare birra e da distillare. Nell’Irlanda cattolica servire birra è una professione di cui si va fieri; il taverniere è un ospite. Anche in Gran Bretagna gli osti migliori spesso sono irlandesi. Con gli irlandesi arrivarono in America coloro che servivano la birra in modo tale da suggerire che il suo consumo poteva essere un piacere. Il vero saloon americano oggi si trova soprattutto nelle città fondate per prime, vale a dire sulla costa orientale, tra il Massachusetts e la Virginia. Si avverte l’influenza olandese e inglese (echi degli accoglienti “caffè scuri” di Amsterdam o la socievolezza contenuta di un pub di York o di Londra). Meglio ancora, nei migliori saloon della East Coast c’è un che di carezzevole.
La parola contribuisce a definire l’immagine. Taverna ha un suono da Europa continentale; pub è decisamente britannico; bar potrebbe essere irlandese e servire stout alla spina, ma in America evoca piuttosto l’idea dei superalcolici. Saloon suona americano. I termini sono intercambiabili e ognuno degli osti citati sotto ha la propria preferenza. Io propendo per saloon.

Gli osti di New York
Gli irlandesi sono destinati a fare gli osti? Non necessariamente: per molti anni, quando erano troppi perché la terra li sostentasse tutti, uno dei figli era destinato a condurre la fattoria di famiglia e gli altri a emigrare, diventando preti, poliziotti, osti e operai edili. E anche scrittori, quanto basta per riempirci la testa di romanticherie. A volte poi gli osti sono anche scrittori. Il primo romanziere in carne e ossa che ho conosciuto era pure oste: Sean Tracey dell’ormai scomparso pub Queen’s Elm di Chelsea (quella di Londra, non di New York).
Quando vado con le mie fantasie romantiche al saloon americano, il personaggio dietro il bancone non è il piccolo e scuro iberico la cui nave, che faceva parte dell’Armada, fu spinta fuori rotta arrivando a Cork, e neppure il celta con i capelli rossi, gli occhi verdi e le lentiggini. Il nostro irlandese dalla chioma argentea è alto più di sei piedi, il volto color del prosciutto, il collo tozzo, le spalle che sembrano il giogo di un carro, un petto simile a un fusto di birra e gambe come tronchi d’albero. Il suo habitat naturale è dietro il bancone, di preferenza in una città che ha accolto i suoi antenati quando c’era del lavoro da fare.
L’idea del saloon come rifugio raggiungibile a piedi dal luogo di lavoro (o meglio ancora da casa) sopravvive in una certa misura nel Nord-Est, mentre è pressoché somparsa nel resto degli Stati Uniti; al di fuori di quella regione è ancor meno diffusa l’idea che si tratti di un posto in cui parlare; molti “pub” americani mettono in continuazione musica a un volume assordante. Insieme alla conversazione, un vero saloon offre innanzitutto birra; può servire anche cocktail e vini di moda, cosa che però può apparire frivola. E, soprattutto, il cibo è minimo o marginale: è un saloon, non un ristorante. I saloon che offrono poco o niente da mangiare sono pressoché sconosciuti nel resto del paese.
La “puritana” Boston è mitizzata negli Stati Uniti come la città che vieta i piaceri. «Proibito a Boston» è una bella frase, in realtà la città vanta qualche bel locale per bere. Dà vita a un altro binomio, ossia “Boston-irlandese”; per capirlo basta andare in un pub che si chiama Doyle’s nel quartiere di Jamaica Plain. Una delle sale è un santuario dedicato ai Kennedy e a Michael Collins.
New Amsterdam si trasformò in New York. Dopo il nome olandese e quello inglese, avrebbe potuto diventare New Dublin, magari all’epoca in cui fu aperto il saloon di McSorley nella East Seventh Street, nel 1854. Quello storico saloon esiste ancora, ma la città avrebbe dovuto cambiare nome molte altre volte. Ormai dovrebbe avere un ripensamento ogni sei mesi, con ciascuna nuova infornata di potenziali tassisti provenienti da Haiti, dalla Corea, da Taiwan o da chissà dove. Si potrebbe decidere di chiamarla New Everywhere. È la città di ciascuno e tutti lo sapevamo, prima dell’11 settembre 2001.

Una birra al bancone
Ognuno ha una propria idea di New York. La conosce anche chi non c’è mai stato. Io ci sono stato un’infinità di volte e l’ho sempre amata, e il fatto che continui a romanzarla attesta il suo potere.
Come Amsterdam non è l’Olanda e Londra non è l’Inghilterra, così New York, notoriamente, non è gli Stati Uniti. Olandesi e inglesi, nati in fasce costiere sovrapopolate, penisole e isole, si pigiarono a Manhattan e costruirono case in proporzione tanto anguste che i territori al di là del fiume Hudson continuano a sembrare una vastità estranea. Pub angusti: la forma migliore per ospitare un lungo bancone con sgabelli. Alla dimensione orizzontale della sala e del bancone si contrappone quella verticale, l’oste, di solito un tipo alto di nome Sean. Per un attimo si piega in avanti, le braccia allargate, le mani appoggiate sul bancone, per ascoltare l’osservazione di un cliente. Arrivate dalla strada affollata, superate la porta e siete entrati a New York, siete diventati parte della città. Siete lì con tutti gli altri.
Manhattan è un’isola densamente popolata in cui la gente abita in appartamenti, anch’essi angusti. I prezzi delle case sono salatissimi, sicché anche un buco è caro. La gente che vive in piccoli appartamenti non vi trascorre troppo tempo libero; i più socievoli si trovano con gli amici dopo il lavoro, o con i vicini, in un saloon comodo.
Un’amica di Londra si trovava a New York l’11 settembre e nei terribili giorni successivi. Quando la gente ha ripreso gradualmente ad affollare le strade, quest’amica è passata davanti a un bar e dalla strada ha potuto vedere la lunga fila degli alti sgabelli, diversi dei quali occupati da operai edili con l’elmetto. La possibilità di vedere dall’esterno in passato era imposta dalla legge, di modo che i proibizionisti protestanti potessero cogliere eventuali infrazioni. È stato detto che il proibizionismo fu un tentativo della classe dirigente protestante e repubblicana di reprimere i cattolici e democratici irlandesi. I saloon non sono più visti sotto questa luce, perlomeno non a New York. La mia amica è entrata e ha trovato uno sgabello vuoto. «Salve. Che cosa posso servirle, signora?». Ha ordinato una Brooklyn Lager, pagando con una banconota da 10 dollari e lasciando il resto sul bancone, alla maniera americana. I soldi possono servire per pagare un secondo giro o essere lasciati come mancia. È un’assidua di New York, ma la città non era se stessa da qualche giorno né lo sarà per molti mesi, anche se una birra al bancone è un passo importante nella direzione giusta.

 

Giugno 2005

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