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Birra e Ricerca

Vi proponiamo una rassegna di articoli pubblicati dal sito Le Scienze.it che si occupa di ricerca scientifica e che nel caso specifico ha tradotto alcuni articoli pubblicati nelle più note riviste del settore.

Antibolle, che passione!
Al contrario delle bolle normali, sono composte da liquido racchiuso tra pellicole d'aria

Alcuni scienziati sono riusciti a studiare e comprendere meglio l'insolito fenomeno delle antibolle, producendole all'interno di diversi materiali liquidi. Mentre le bolle normali sono formate da sottili pellicole di liquido che racchiudono sacche d'aria, le antibolle sono proprio il contrario: sottili pellicole d'aria che racchiudono sacche di liquido.
Il team di ricercatori belgi, guidato da Stephane Dorbolo dell'Università di Liegi, sostiene di essere in grado di farle apparire in molti liquidi differenti, non solo alcolici. In un articolo pubblicato sulla rivista "New Journal of Physics", gli scienziati spiegano che le antibolle possono essere create versando un liquido contenente un surfattante (una sostanza, come il sapone, che altera la natura di una superficie), sopra un liquido identico. Le antibolle si formano perché insieme con il liquido viene talvolta trasportata giù una sottile pellicola d'aria, che separa poi i due liquidi con la stessa composizione.
Per curiosità, i ricercatori hanno tentato di creare antibolle anche nel più celebre prodotto belga da esportazione: la birra. "Abbiamo provato a crearle nella birra per puro divertimento, - ha spiegato Dorbolo - senza davvero essere convinti di riuscirci. Non è possibile, per esempio, creare antibolle nell'acqua, nell'alcol o nell'olio puro. E invece, con nostra grande sorpresa, siamo stati in grado di generare antibolle gigantesche che sono perdurate nella birra per quasi due minuti".

Birra contro i problemi coronarici
L'alto contenuto di polifenoli ha un effetto positivo sul sangue


Una birra al giorno potrebbe levare gli infarti di torno, secondo i risultati ottenuti da un gruppo di ricercatori della Hebrew University di Gerusalemme. In uno studio preliminare di un gruppo di uomini affetti da problemi coronarici, i ricercatori hanno mostrato che bere una birra al giorno per un mese produce nella chimica del sangue cambiamenti che sono associati a una riduzione del rischio di infarto. Si tratta di uno degli ormai numerosi studi che sembrano confermare gli effetti benefici di un moderato consumo di alcool. I risultati sono stato pubblicati sul "Journal of Agricultural and Food Chemistry". I cambiamenti osservati nei pazienti partecipanti al test comprendono la riduzione dei livelli di colesterolo e l'aumento di quelli degli antiossidanti, oltre alla riduzione dei livelli di fibrinogeno, una proteina che contribuisce all'ostruzione delle arterie. Lo studio ha anche mostrato, per la prima volta, che il consumo di alcool produce un cambiamento strutturale del fibrinogeno che ne riduce l'attività. I 48 partecipanti allo studio sono stati divisi in due gruppi. Gli appartenenti al primo gruppo hanno ricevuto una lattina di birra al giorno, mentre i pazienti del secondo gruppo hanno ricevuto solo acqua minerale. La dieta, ricca di frutta e verdura, è però stata uguale per tutti. In 21 dei 24 appartenenti al primo gruppo i ricercatori, guidati da Shela Gorinstein, hanno trovato cambiamenti della chimica del sangue che sono associati, secondo studi precedenti, a una diminuzione del rischio di subire un infarto. Secondo i ricercatori, questo effetto è dovuto all'alto contenuto di polifenoli della birra.

I benefici del bere
Alcuni esperti del campo hanno criticato lo studio poiché non sono state prese in considerazione anche altre abitudini alimentari

Le persone che bevono occasionalmente vino potrebbero avere un rischio più basso di sviluppare varie forme di demenza che colpiscono in età avanzata, come il morbo di Alzheimer. Questa strana connessione è stata oggetto di uno studio descritto sulla rivista "Neurology". "Questi risultati - ha spiegato Thomas Truelsen, dell'Institute of Preventive Medicine di Copenhagen, non significano che la gente dovrebbe iniziare a bere vino o bere più vino di quanto faccia normalmente. Ma i risultati sono eccitanti perché potrebbero significare che alcune sostanze contenute nel vino riducono la probabilità di insorgenza della demenza. Se questo è il caso, potremmo sviluppare cure o metodi di prevenzione basati su queste sostanze." I ricercatori ipotizzano che i flavonoidi, composti naturali che hanno un effetto antiossidante, potrebbero essere le sostanze responsabili degli effetti benefici. Il vino rosso, per esempio, ha un alto contenuto di queste sostanze. Altri studi hanno suggerito che sempre i flavonoidi potrebbero spiegare la bassa incidenza di infarti e altre malattie cardiovascolari fra i bevitori di vino. Per lo studio, i ricercatori hanno analizzato le abitudini alcoliche di 1709 persone negli anni settanta e li hanno poi ristudiati negli anni novanta alla ricerca di tracce di demenza, quando ormai avevano superato i 65 anni. Nei due decenni, l'83 per cento dei partecipanti ha sviluppato varie forme di demenza. La correlazione fra lo sviluppo di demenza e il consumo di alcol ha mostrato che i bevitori occasionali di birra corrono un rischio superiore alla media. I bevitori occasionali di vino sono risultati invece la categoria meno a rischio, ancora meglio degli astemi. Alcuni esperti del campo hanno però criticato questo studio, perché non sono state prese in considerazione anche le abitudini alimentari. Altri studi hanno infatti trovato interessanti correlazioni fra lo sviluppo della demenza e il consumo di vitamina E.


La fisica delle schiume
Il modello offre spiegazioni su fenomeni che potrebbero avere vaste applicazioni in diversi campi

I ricercatori che si occupano delle schiume, materiali estremamente difficili da descrivere in termini di caratteristiche fisiche, hanno imparato che le bolle in una schiuma fresca si allargano con il tempo, che il liquido fra esse gocciola via e che questi due processi sono correlati; nessuno ha mai però formulato una teoria che descriva accuratamente la loro interazione. Ora un gruppo della Harvard University ha descritto sul numero del 14 maggio di «Physical Review Letters» una teoria che è in accordo con gli esperimenti. La teoria è un passo avanti importante verso una migliore comprensione delle schiume, che avrebbero potenziali applicazioni in numerosissimi campi, dalla produzione della birra fino alla purificazione dei minerali. Se osservate la schiuma di un bicchiere di birra, resistendo un po' alla sete, potete notare che le bolle diventano più grandi man mano che liquido fra esse cola nel bicchiere. Questo processo avviene perché le bolle più piccole si fondono e quelle grandi risultanti forniscono canali più larghi attraverso cui può defluire il liquido. Per studiare questo processo, gli scienziati hanno riempito un tubo lungo due metri con bolle di sapone e osservato la velocità con cui il liquido si accumulava sul fondo. I ricercatori hanno usato due gas per creare le bolle: anidride carbonica, che diffonde facilmente da bolla a bolla, e C2F6, che invece diffonde lentamente e impedisce l'ingrandirsi delle bolle. Il drenaggio è risultato ovviamente più lento con il C2F6, e poteva essere accelerato aumentando la quantità di liquido, perché in questo caso i canali di drenaggio erano più grandi. Sorprendentemente, però, il tasso di drenaggio della schiuma fatta con l'anidride carbonica sembrava non dipendere dal contenuto di liquido. Il gruppo ha allora rianalizzato le proprie simulazioni al computer, capendo che nel caso della CO2 un aumento della quantità di liquido non accelera il drenaggio perché rallenta la crescita delle bolle. In pratica, le bolle sono circondate da più liquido, che rallenta la diffusione del gas. Con il tempo, però, il drenaggio assottiglia le loro pareti, accelerandone la crescita.
Dynamics of Coarsening Foams: Accelerated and Self-Limiting Drainage Sascha Hilgenfeldt, Stephan A. Koehler, and Howard A. Stone, «Phys. Rev. Lett.» 86, 4704 (14 May 2001)

Le bolle della birra
Un esperimento chimico dimostra uno strano fenomeno


Un nuovo esperimento di chimici dell'Università di Stanford e dell'Università di Edimburgo ha finalmente provato quello che gli amanti della birra sospettavano da tempo: quando la birra viene versata in un bicchiere, le bolle talvolta vanno in giù anziché verso l'alto. "Le bolle d'aria sono più leggere del liquido, e dunque dovrebbero muoversi verso l'alto, - spiega il ricercatore Richard N. Zare - eppure moltissimi bevitori sostengono che le bolle lungo il lato del bicchiere si spostino verso il basso, cosa che sembrerebbe sfidare le leggi della fisica".  La questione ha interessato la comunità scientifica quando, nel 1999, alcuni ricercatori australiani annunciarono di aver creato un modello al computer che mostrava come fosse teoricamente possibile che le bolle scendessero verso il basso. Gli scienziati avevano basato le loro simulazioni sul moto delle bolle in un bicchiere di Guinness alla spina, una celebre birra irlandese che contiene sia gas di azoto che biossido di carbonio. Ma Zare e il collega Andrew J. Alexander erano scettici sulla validità del modello di Guinness virtuale, e hanno deciso di metterlo alla prova analizzando diversi litri di liquido reale. "In effetti - spiega Zare - all'inizio eravamo convinti che gli australiani avessero bevuto troppa birra. Ma usando una videocamera che riprende 750 immagini al secondo, abbiamo scoperto che le bolle possono davvero affondare fino al fondo di un bicchiere". La spiegazione del fenomeno è molto semplice: le bolle salgono verso l'alto più facilmente se si trovano al centro del bicchiere e non ai lati. Risalendo, sollevano la birra al centro che è costretta a scendere lungo i bordi del bicchiere, portando giù con sé le bolle più piccole.

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