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Birra Story

La birra nel mondo antico

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freccia.gif (89 byte) Gli antichi Egizi tra pizza e birra

 

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Pagine Gialle della Birra

I Sumeri

di Paolo Del Vecchio


Chi è Paolo Del Vecchio?  Dirigente d’industria in pensione, ha svolto la sua attività lavorativa nel Food&Beverage, ed ha esercitato per lungo tempo la sua professione nel settore birrario, acquisendo una profonda conoscenza del prodotto. Appassionato studioso di archeologia della birra, sempre alla ricerca di nuovi spunti e contenuti, è stato uno dei primi venti docenti dell’Accademia della Birra. La sua esperienza professionale lo ha comunque portato a conoscere in modo approfondito anche altri prodotti, quali il caffè e soprattutto il vino essendo stato dirigente del Coltiva – Consorzio Nazionale Vini. Tra le attività svolte, anche quella di docente ai corsi di formazione sommelier organizzati dall’Ais, sezione dell’Emilia Romagna.

Ha pubblicato:

  • il romanzo: “Una sera d’inverno” Editore Baraldini

  • “Braghirolus Rex – la vera storia del Lambrusco inventata dall’autore” Editore “Il Fiorino” – sponsorizzato dal Coltiva

  • “La vera storia dell’Aceto Balsamico – come ci fu raccontata dallo stesso Braghirolus” Editore Arian – sponsorizzato dal Consorzio Nazionale Aceto Balsamico di Modena

  • “Storia della Birra dai Sumeri al Medio Evo” Ampi stralci di questo libro sono stati pubblicati sulla rivista mensile “Il Mondo della Birra” in sei corpose puntate, dal marzo all’agosto 2010.

  • Ha ultimato il romanzo “Verdi giorni di primavera” ed in fase conclusiva “Sargon il Grande” vita romanzata del grande Re babilonese.


La civiltà sumera fu certamente la più grande ed antica civiltà mai comparsa sulla faccia della Terra. Nasce, poco prima della civiltà Egiziana, nella fertile terra d'Asia in una fascia compresa fra il fiume Tigri e l'Eufrate. Nel periodo sumerico ed akkadico, per tutti i secoli di supremazia della città di Ur, per intenderci oltre 5.000 anni fa, si ricavava dall'orzo, prodotto principale dell'agricoltura di allora, una bevanda nazionale, molto simile alla nostra birra, che veniva chiamata "se-bar-bi-sag", letteralmente "bevanda che fa veder chiaro". In effetti, visto il suo contenuto alcolico, più che schiarire, appannava la vista di chi sprovvedutamente ne avesse bevuta troppa, ma il folcloristico nome deriva da una antica leggenda di cui parleremo più avanti.


Babilonia fu per 1.500 anni il centro della civiltà mesopotamica. Sorprendente la sua rete di fognature, autentico miracolo di ingegneria; straordinari i suoi giardini pensili per i quali era famosa ed erano annoverati fra le sette meraviglie del mondo. Famosa la sua torre, tipica costruzione ricorrente in molte città del tempo, ma che a Babilonia raggiungeva la non indifferente altezza di 90 metri, identificata in tempi moderni nella biblica "torre di Babele".


Famosissimi erano i suoi tessuti che sapeva produrre di ottima qualità e con colorazioni raffinate. Famosa la "moda Babilonese", esportata con successo ovunque, indumenti che lasciavano scoperto il seno - antesignano "topless" - ad esaltare la bellezza delle loro donne, pienamente integrate nel tessuto sociale, considerate fra le più belle del mondo conosciuto.


Ma ancora più famosa era la se-bar-bi-sag che preparavano di svariata ed ottima qualità, oggetto di commercio e intenso scambio in tutta la Mesopotamia ed oltre.


Descrizioni molto precise sui procedimenti di lavorazione, oltre alle immancabili minuziose contabilità di produzione, scorte e commercio, si trovano nei "Codici hammurabici".


Hammurabi fu un grande Re babilonese che regnò dal 1728 al 1686 a.C. Durante il suo lungo regno - 42 anni per quei tempi era un autentico record - costruì templi, fortificazioni, canali di irrigazione, compì possenti imprese di guerra per le quali fu chiamato "Re delle quattro parti della Terra", con ciò intendendosi tutto il mondo allora conosciuto. Più famosa ancora fu la sua capacità di legislatore, tanto da essere dai posteri ricordato come il Mosé babilonese. Nei codici, opera di grandissima mole, composti da 282 articoli, oltre un prologo ed un epilogo, raccoglie leggi e regole di vita per il suo popolo. Fra queste tavolette di argilla redatte nei caratteri cuneiformi in lingua accadica, ve ne sono appunto alcune che illustrano puntigliosamente come deve essere preparato il "vino di datteri" e la se-bar-bi-sag. E' sorprendente notare come tale procedimento, siano ancora oggi valido nella sua essenzialità: maltizzazione, macinatura, lievitazione, cottura, filtraggio, aromatizzazione.


La fabbricazione era estremamente semplice ed efficace. Selezionavano dal raccolto annuale il migliore orzo, che veniva posto ad inumidire sino a quando principiava la germinazione, quindi veniva messo ad asciugare al sole e quando era ben secco, si macinava e si impastava con acqua formando dei pani. Quando questi erano spontaneamente lievitati, si ponevano a cuocere a forno molto caldo, in modo che si formasse rapidamente la crosta, mentre all'interno la pasta doveva rimanere molliccia. Per ottenere la birra, questi pani venivano frantumati e posti a cuocere con abbondante acqua in grandi recipienti di terracotta, quindi, al liquido filtrato, si aggiungevano erbe aromatiche, come la salvia ed il rosmarino. Tutto ciò avveniva sotto lo stretto controllo dello Stato, l'unico e solo ad avere diritto a tali produzioni, e la lavorazione ufficiale veniva fatta nei locali delle cantine reali, dai prestigiosi "gal-bi-sag", i Mastrobirrai dell'epoca, utilizzando apposite giare e vasi sui quali spiccavano, oltre ai simboli dell'orzo e della birra, i sigilli reali.


Largamente diffuse erano le produzioni contadine e familiari, anche queste sotto l'attento controllo dello Stato che imponeva tasse e balzelli con specifiche concessioni di produzione.
Nulla di nuovo sotto il sole!


Ingegnosa, e, a dir poco, curiosa, la conservazione del frumento nelle anfore granarie. Prima di sigillarle ermeticamente con cera d'ape, ponevano all'interno alcune piccole tartarughe le quali, respirando, consumavano tutto l'ossigeno, assicurando così la migliore conservazione. Insomma, primordiale ma efficace sottovuoto! In tempi recenti, sono state ritrovate alcune di questi recipienti sottovuoto alla tartaruga e le granaglie si presentavano ancora in un accettabile stato di conservazione.


Il più noto ed autorevole bevitore di birra del mondo antico, fu il mitico eroe babilonese Enkidu, così come viene narrato nella epopea di Gilgamesch. Nella biblioteca del Re Assurbanipal a Ninive, furono ritrovate, nel 1850, una notevole quantità di tavolette di argilla incise con caratteri cuneiformi. Trasferite nel museo di Londra, rimasero a dormire sino a quando George Smith ne scoprì, nel 1872 la chiave di lettura, riportando alla luce, fra l'altro, la più antica e suggestiva epopea dell'umanità, più antica di millenni della stessa Babilonia.


In dodici libri si racconta di Gilgamesch, re di Uruk, vissuto in Mesopotamia circa 2.500 anni prima, e che si diceva essere figlio di una dea e di un demone. Egli governava con estrema durezza, tiranneggiando il popolo ed abusando delle donne a suo piacere, compiendo le peggiori efferatezze con brutale perfidia. Gli dei decisero allora che era tempo di por freno alla scelleratezza di quel re e crearono dall'argilla un essere umano che sarebbe dovuto diventare il complemento positivo di Gilgamesch, contrastando e correggendo il tiranno. Lo inviarono sulla Terra ove crebbe in libertà nella foresta, al solo contatto della natura. Uomo primitivo e selvaggio, era ancora incapace di parlare e di ragionare; doveva quindi acquisire coscienza, sapere e saggezza, ed allora......

Egli bevve della se-bar-bi-sag
ne bevve sette volte
il suo spirito si sciolse
egli parlò ad alta voce
il suo corpo si riempì di benessere
il suo volto si illuminò......

Formidabile questa birra babilonese!
Continuano le tavole narrando l'incontro dei due eroi, come questi si affrontarono in una titanica lotta nella città di Uruk, e che viene così descritta:

Enkidu ostruì la porta con un piede
non lasciò entrare Gilgamesch.
Si affrontarono come tori
frantumarono lo stipite della porta
il muro tremò......


Dalla lotta escono entrambi vincitori; il tiranno fisicamente, Enkidu moralmente poiché, diventando suo intimo amico, ne corregge i difetti conferendogli generosità, saggezza e misericordia, così come avevano voluto gli dei.
Insieme compirono mirabolanti e cruente imprese, in quell'antico mondo popolato da mostri. Affrontarono ed uccisero il gigante Khumbaba, custode della foresta dei cedri, rendendola finalmente accessibile all'umanità. Per festeggiare si abbandonarono ad una formidabile bevuta di birra che li tenne fuori coscienza per giorni e giorni. In preda ai fumi dell'alcol, contravvenendo alle leggi divine, nell'esaltazione della loro lotta, uccisero quindi il Toro Celeste. Per punizione gli dei fecero morire Enkidu di malattia. Pazzo di dolore ed in preda alla paura della morte, Gilgamesch vagò per il mondo sino a quando scoprì le porte degli Inferi, che attraversò alla ricerca dell'immortalità. Nel suo viaggio ultraterreno incontrò Uta-Napisthim, suo antichissimo antenato, l'eroe babilonese del diluvio universale.


E' questo l'undicesimo libro, il passo più bello di tutta l'epopea. Si racconta che gli dei, per punire gli abitanti di Suruppak delle loro malefatte, decisero di scatenare il diluvio universale. Ne informarono Uta-Napisthim al quale ingiunsero di costruire una imbarcazione sufficiente a contenere tutti i suoi familiari ed un esemplare maschio ed uno femmina di tutti gli animali conosciuti. Ovviamente il nostro eroe non dimenticò una abbondante razione di orzo nonché i capaci recipienti di terracotta con i quali preparare la sua se-bar-bi-sag personale.


Il diluvio si scatenò, durò sette giorni e seppellì tutta la terra. Quando la pioggia cessò, Uta-Napisthim cercò di individuare dove le acque, ritirandosi, lasciavano scoprire la terra; fece uscire prima una colomba, poi una rondine ma entrambe tornarono. Quando fece uscire il corvo e questo non fece ritorno, capì che aveva trovato terra e cibo e comprese che il diluvio era finito.


Gilgamesch non trovò l'immortalità, ma trovò la saggezza dell'uomo maturo che gli permise di regnare indisturbato per lunghi anni, finalmente amato dal suo popolo.


Ma andiamo ancora più in dietro nel tempo, sino alla nascita degli dei ed alla nascita del mondo stesso.


Marduck, il dio solare babilonese, prima di ingaggiare la sua tremenda lotta contro il drago Tiamet, signore e padrone del caos, convoca tutti gli dei e brinda con loro con abbondanti libagioni di se-bar-bi-sag quale auspicio di vittoria. Sarà stato per la ben nota potenza della straordinaria birra babilonese, sarà perché così era scritto nell'ordine delle cose, il dio solare sconfigge il dio delle tenebre dopo una titanica lotta che lo vede morire e rinascere un numero infinito di volte e, con la sua vittoria, crea dal nulla la luce del sole.


Marduck é legato al concetto della fertilità e del succedersi delle stagioni; é una divinità potentissima che muore e risorge a simboleggiare il letargo invernale ed il risveglio della primavera. Veniva festeggiato tutti gli anni ed i Misteri di Marduck si celebreranno ancora nell'età classica, all'inizio dell'anno babilonese che coincideva con l'inizio della primavera.


La processione partiva dal tempio del dio, preceduta da una sua gigantesca statua e seguita da una lunga teoria di otri di birra e di animali sacrificali. Convergevano a Babilonia una immensa folla di popolo, proveniente da tutte le regioni della Mesopotamia, e, per tutto il tempo dei festeggiamenti, bevevano ininterrottamente birra in onore del dio, a ricordo della sua lotta contro Tiamet, e per allontanare lo spirito delle tenebre. Dopo quattro giorni, diciamo così, di sacrificio, venivano immolati nel santuario del dio un agnello ed un montone i quali, gettati nel fiume, portavano via con loro tutti i peccati del popolo, assolvendolo in toto.


Assurbanipal é il porta bandiera di titanici banchetti ed orgiastiche libagioni.
Ultimo di trenta re dell'Assiria, passato alla storia con il più noto nome latino di Sardanapalus, viene descritto da Erodoto come il re potentissimo della città di Sard, un re che amava vestirsi e truccarsi come una donna. Era dedito al bere - naturalmente birra - ed al sesso con particolare tendenza verso i maschietti, pur non disdegnando le numerose ancelle del suo harem. Nelle solite tavolette cuneiformi, si legge testualmente che "alla sua mensa la birra scorreva a fiumi" ed il cibo si consumava a montagne in giorni ininterrotti di lussuriosi festeggiamenti. La sua filosofia di vita era, come egli stesso ha fatto incidere sul suo monumento funebre, "nulla al mondo conta, tranne mangiare, bere e far l'amore. Tutto il resto vale solo quanto uno schioccar di dita" Per questo la sua statua funeraria lo effigia nell'atto di schioccare le dita.


Se tanto frivolamente visse, virilmente seppe morire. Quando il ribelle Arbace, alla testa di Persiani, Medi e Babilonesi, dopo tre anni di assedio riuscì a conquistare la città di Sard, trovò che Sardanapalus aveva fatto costruire una immensa pira sulla quale si era assiso, con tutti i suoi averi ed i suoi familiari, ed imperterrito si era dato fuoco.


Scavando ancora indietro nella storia, non possiamo trascurare Sargan il Grande, fondatore della prima dinastia semitica, nel 2.528 prima di Cristo.


Sentiamo come il re stesso racconta le sue origini:


    "Io sono Sargan, Re forte, Re di Akkad. Mia madre era una sacerdotessa, mio padre un semidio. Mia madre mi concepì di nascosto, mi pose in una cesta di giunchi e sigillò il coperchio. Mi pose nel fiume -l'Eufrate- che non mi inghiottì. Il fiume mi sostenne e mi portò da Akki l'agricoltore. Questo mi lavò nella se-bar-bi-sag, mi allevò come un figlio e fece di me un giardiniere." - il lavacro nella birra rivestiva carattere di sacralità, come una sorta di battesimo, trasmettendo il vigore della bevanda e la fertilità delle messi.


Ancora una volta abbiamo la prova che la Mesopotamia fu la grande culla della nostra civiltà; da questa provengono gran parte delle nostre leggende, da quella del Diluvio Universale, a quella di Romolo e Remo, a quella di Enea con la sua discesa negli Inferi, a quella di Mosé.


Alla maggiore età, ovvero al compimento del quattordicesimo anno, Sargan viene presentato alla corte del re Ur-Zababa dove in breve giunge l'altissimo grado di Coppiere, con il compito di custode delle sacre coppe reali nelle quali era tenuto personalmente a versare le bevande al re, vino di datteri e birra. Con una congiura di palazzo, evento consueto all'epoca, uccide il re, conquista il potere e fonda la città di Akkad, dove trasferisce la capitale con la sua corte. Grande conquistatore, estende il suo regno dal Golfo Persico alla Siria alla Anatolia, tutto il mondo conosciuto, meritando giustamente il titolo di Re dei quattro angoli della Terra, raggiungendo in 56 anni di regno un immenso potere e prestigio.


Ogni anno ricordava le sue origini sacre, proclamando grandiosi festeggiamenti ad Akkad ai quali partecipava una strabocchevole folla proveniente appunto dai quattro angoli della terra. Impalmava una vergine sacerdotessa dalla cui gestazione si traevano auspici di fertilità e quindi compiva pubbliche abluzioni di birra in ricordo del suo salvataggio dalle acque dell'Eufrate.


Seguivano ovviamente le immancabili processioni ed i festeggiamenti si protraevano per giorni e giorni ed al popolo osannante venivano distribuiti migliaia di otri di se-bar-bi-sag e montoni e buoi arrostiti in un'orgia di birra cibo e sesso da far impallidire i più impenitenti gaudenti.


Una specie di Oktoberfest ante litteram!


Nei secoli successivi, molto tempo dopo che fu estinta la dinastia dei sarganidi, durata un millennio, nella tradizione sacra popolare si continuavano a tramandare i riti sarganidi, legati al mito della fertilità e della procreazione, e la birra rivestiva il doppio carattere di bevanda sacra, per la sua origine divina, e di festosa bevanda di uso comune.


Meno edificante era l'uso che faceva della birra Nabucodonosor (604-562 a.C.), in certe particolari quanto frequenti occasioni della sua vita. Fu un grandissimo e prestigioso Re che seppe portare il suo regno al massimo sviluppo attraverso grandi campagne belliche dalle quali riportava immancabili vittorie. Ma non fu solo un grande re guerriero, fu anche un raffinato architetto o comunque uomo capace di servirsi dei migliori artigiani che offriva la piazza. Di grandiosa imponenza il suo esagil - il palazzo reale - ricco di affreschi e di statue di squisita fattura. Mirabolanti le mura che cingevano Babilonia, rendendo la città imprendibile da qualsiasi nemico. Di strabiliante bellezza la Porta di Istar, porta principale e strada di accesso alla città, interamente ricoperte di bassorilievi in ceramica che raffiguravano la dea ed una processione di tori alati, la cui vista, presso il Museo Archeologico di Berlino, suscita ancora oggi profonde emozioni.


Ma Nabucodonosor era anche tristemente famoso per la tecnica con la quale era solito liberarsi delle sue innumerevoli amanti, quando ne era stanco. Con la scusa di farle partecipi di sacri lavaggi in onore della dea Nidaba, le faceva immergere in una grande piscina colma di se-bar-bi-sag avendo cura di far loro indossare tutti i gioielli della corona. E' facile intuire che le poverette, per il gran peso dei preziosi monili, annegavano miseramente - nulla poteva o bere o affogare viste le dimensioni della piscina - mentre il buon Nabucodonosor assisteva all'evento commemorando e tessendo le lodi e le capacità amatorie delle sue amate con canti e libagioni.


Anche questo Re deve essere stato un formidabile bevitore di birra, almeno stando al folto numero di amanti che si dice abbia avuto!


Nel vasto olimpo delle divinità sumere spiccava, per importanza specifica, Nidaba, dea del frumento, protettrice dei gal-bi-sag - gli abili preparatori reali - e quindi patrona della birra. Questa divinità veniva onorata, in occasione delle innumerevoli feste ricorrenti annualmente, con collettive bevute di birra che, nei santuari, veniva distribuita gratuitamente e in grandi quantità alla popolazione.


Ci è stata tramandata una vastissima documentazione, frutto di ricerche e scoperte archeologiche, circa l'uso ed il costume birrario delle antiche popolazioni sumeriche. Un gran numero di tavolette cuneiformi ci narrano di contabilità, di commercio, di donazioni nei santuari per onorare le diverse divinità, di sistemi di produzione e di usanze sacre. I musei di tutto il mondo sono pieni di anfore da birra e da orzo, con impressi i rispettivi simboli, e di vasi istoriati con scene di raccolto del frumento, scene di fabbricazioni della bionda bevanda e scene di processioni nelle quali spiccano fra tutte le anfore birrarie.

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