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via IV novembre 20

Apricale (IM)

Tel 0184/209022 Fax 0184/209807

 

www.piccolobirrificio.com

 

info@piccolobirrificio.com

Risponde alla nostra intervista Lorenzo Bottoni che insieme a Roberto Iacono gestisce il Piccolo Birrificio di Apricale in Liguria. La tipologia dell'esercizio è un microbirrificio con impianto di produzione da 400 l. per cotta della Specific Mechanical Systems.

Lorenzo Bottoni e Kuaska

Se vi siete recati allo scorso Pianeta Birra, che opinione vi siete fatti dell'evoluzione di questo appuntamento. Secondo il tuo parere, l'evoluzione che ha raggiunto, va nella direzione di una concreta diffusione della cultura birraria o si sta sempre più appiattendo verso i grandi colossi multinazionali?

Data la nostra giovane età è la prima volta che partecipiamo a Pianeta Birra. La sensazione è che si stia verificando anche nel nostro settore quello che già avviene in altri settori anche di “nicchia” (vedi il Bio con il SANA) : gli alti costi degli stands rendono difficile la partecipazione delle aziende più piccole, contribuendo così ad una “selezione” che vede preponderante il numero delle grosse aziende. Ciò detto ci è sembrato necessario prendere parte alla fiera per testimoniare con la nostra presenza la volontà di contribuire, magari in minima parte, alla differenziazione del settore.

Conoscete eventi tipo il Salone del Gusto (ogni due anni a Torino), Cheese (ogni due anni a Bra (CN)), Expogusto a Milano? Avete intenzione di parteciparvi come espositori nei prossimi anni?

 

Abbiamo preso parte , felicemente, al Cheese 2005 che trovo una manifestazione molto ben organizzata nella quale è possibile anche per un “piccolo birrificio” trovare spazio per affermare la propria diversità. In particolare le iniziative di Slow Food, della cui fondazione siamo soci sostenitori, sono caratterizzate da una particolare attenzione ai “minori” ; di qui la nostra partecipazione.

Stand Piccolo Microbirrificio a Cheese 2005

Come è nata in Lei la passione per la birra?

 

La mia famiglia, originaria di Valdobbiadene (in pratica i miei parenti sono sparsi lungo la strada del vino bianco!) sono commercianti e gestiscono locali pubblici da sempre. Sin da quando frequentavo le scuole medie ho trascorso parte delle mie giornate dietro il bancone del bar ad aiutare i miei. Mi ricordo che appena potevo mi rifugiavo in cantina dove mio padre teneva la sua personale collezione di vini tra cui alcune bottiglie di un misterioso (per me) Spanna del 1958 che mi era proibito anche solo toccare. Insieme alle bottiglie c’era una raccolta di libri (“la mia cantina”) che sfogliavo senza particolare cognizione di causa. Mi affascinava il mondo descritto, fatto di culture differenti e di sapienza, quasi di alchimia. Tuttavia la lontananza dalla campagna (allora vivevo a Milano) lasciava il tutto in una dimensione onirica. La birra per me era un prodotto di serie b, che non poteva, nei miei pensieri, nemmeno avvicinare le magie del vino. Successivamente, in età ormai adulta nel corso di un viaggio in California, ho visitato una “microbrewery” ed ho riscoperto nelle parole dei titolari, la stessa passione, le stesse magie che leggevo di nascosto in quella cantina. La curiosità si è fatta strada in me e nel giro di tre anni, grazie all’incontro con Roberto, ha preso il via il progetto “Piccolo Birrificio”

Si è mai pentito di aver aperto un microbirrificio?

     

Le difficoltà sono all’ordine del giorno ma se si ha la fortuna di avere passione nel proprio lavoro esse nutrono la propria determinazione contribuendo a far trovare la forza di superare gli ostacoli. Se mai dovesse farsi strada in me il pentimento sarà il segnale che mi indurrà a cambiare strada. Per ora, grazie anche al supporto delle persone che ho incontrato posso dire di non correre quel rischio.

Lo stand di Pianeta Birra

In che modo proponete le vostre birre? Ovvero la distribuite nel vostro locale o la fornite ad altri gestori della zona?

 

Non effettuiamo mescita nel nostro locale avendo fatto la scelta di limitarci alla produzione. I nostri prodotti sono attualmente reperibili in venti locali distribuiti tra la provincia di Savona e la limitrofa Costa Azzurra.  Credo che sia necessario costruire il proprio progetto coniugando la praticità con la fantasia. Il sogno è di poter diventare un “player” sul mercato nazionale e magari internazionale; tuttavia siamo convinti che la caratterizzazione della propria azienda oltre che dei propri prodotti, si trovi nel rapporto con il territorio di appartenenza. Per questo abbiamo sviluppato per prima una linea di prodotti (“nùa”  - in ligure nuda) destinata principalmente al mercato regionale. Stiamo elaborando però, alcuni prodotti, destinati al mercato nazionale, al settore enoteche e specializzati.

Vi preoccupate di realizzare dei corsi di formazione per coloro che poi distribuiscono la vostra birra nei locali, ovvero vi preoccupate del mondo col quale la spillano, la conservano, la servono ai tavoli, e quindi temperatura di servizio e gestione dei bicchieri?

 

La vendita del prodotto non viene mai affidata al primo contatto con un cliente. Effettuiamo un incontro preliminare nei nostri locali nel corso del quale affrontiamo l’argomento birra con gli interessati, prima di addentrarci nella valutazione della possibilità di collaborare. Se troviamo reciproco interesse ma soprattutto reciproca “vision” in relazione al prodotto iniziamo il rapporto di collaborazione con il cliente. Questi non viene mai lasciato solo ma cerchiamo di accompagnarlo con corsi di formazione sui vari aspetti della gestione del prodotto birra ed organizzando incontri di degustazione da proporre alla sua clientela.

La vostra linea di produzione

Il nostro listino è per ora costitito da 3 prodotti di cui 2 non di nostra produzione (Lambic e Geuze di Hanssens); pertanto non possiamo fare graduatorie. La Nua , unico prodotto di nostra realizzazione ad essere distribuito è piaciuto e sino ad ora, seppure sia in distribuzione solo da un mese ci sembra che incontri i favori del pubblico. Abbiamo cercato di realizzare un prodotto che possa essere consumato tutto l’anno senza vincolarlo a particolari situazioni di consumo. Crediamo che proporre un prodotto genuino dalle caratteristiche di fruibilità le più semplici possibile, possa avvicinare al mondo della birra artigianale anche persone che non sono particolarmente addentro le “segrete cose”. Speriamo di poter proporre quanto prima anche le altre nostre realizzazioni che sono rivolte ad un pubblico più consapevole.

Quale tra le sue birre non riscuote il successo che Lei sperava, e secondo Lei per quale motivo? 

Crediamo molto nel legame della birra con il territorio in un modo ispirato al “terroir” del vino. In tale senso il Lambic è il prodotto che meglio esprime tale caratteristica. Abbiamo deciso di chiedere ad Hanssens, ed abbiamo avuto l’onore di vedere accettata la nostra richiesta, di realizzare alcuni prodotti (100% Lambic) a nostro marchio; questo con il duplice intento di contribuire al sostegno del prodotto e quale gesto di apprezzamento personale nei confronti del prodotto e del produttore. Tuttavia non è facile far comprendere alle persone la magnifica complessità di tali prodotti. Dobbiamo però dire che tutti coloro che hanno assaggiato il prodotto, dopo un primo momento di smarrimento, hanno dovuto ammettere di essere stati sorpresi. Crediamo che il sorprendere il consumatore sia il segreto per promuovere il nostro “movimento”. Se è davvero così abbiamo sicuramente contribuito, nel nostro piccolo.

Si dice che in Italia ci sia oltre un centinaio di microbirrerie e brewpub. Il fenomeno è sicuramente in crescita, ed è probabilmente un segnale di malessere nei confronti dell'appiattimento del gusto di alcune birre industriali. Il trend che si sta assestando è di per sé positivo, ma secondo il suo parere, verso quale crescita (non soltanto economica) si sta giungendo? 

Credo che la parola chiave per il futuro del nostro settore sia QUALITA’ ; riuscire a realizzare e trasmettere tale concetto applicato alla birra è vitale per il futuro del nostro mondo. È mio personale parere che sia necessario contrastare il tentativo delle grandi industrie di “occupare” spazi del settore artigianale mediante la proposta al mercato di marchi “pseudo” artigianali. Per fare ciò bisogna investire sulla qualità e sulla riconoscibilità; la creazione di un marchio, il suo sostegno mediatico e la sua “qualificazione “ (penso ad una certificazione previa stesura di un disciplinare di prodotto) siano gli strumenti utili a sostenere la lotta che ogni giorno dobbiamo affrontare nel presentare le nostre differenze.

Sa che il nostro portale si preoccupa di informare i suoi lettori dei benefici che questa bevanda possiede. E non ci riferiamo solo al basso contenuto calorico, ma anche alle ricerche di settore, che ne segnalerebbe delle virtù molto interessanti. Faccio anche a Lei una domanda a cui teniamo. In Spagna, che attualmente ha un consumo maggiore dell'Italia, è stato creato un Centro di Informazione Birra e Salute. Secondo Lei sarebbe possibile investire in tal senso anche in Italia, ovvero rendendo i consumatori molto più consapevole degli effetti benefici che ha questa bevanda, mettendo in risalto anche l'aspetto del consumo moderato e consapevole?

 

Il vissuto del consumatore medio nei confronti della birra non contempla aspetti di natura nutrizionale. La maggioranza delle persone non hanno percezione che la birra possa e debba essere considerata un alimento e pertanto tutto ciò che contribuisce alla crescita della consapevolezza del consumatore sia utile. Non possiamo tuttavia ignorare che l’alcool è concausa di numerosi problemi legati al suo consumo (abuso) soprattutto da parte di un utenza giovane. La accertata tossicità dell’alcool credo non possa essere eclissata dagli eventuali valori nutrizionali del nostro amato prodotto. Enfatizzare la qualità organolettica ed insegnare a riconoscerla ed apprezzarla ritengo sia la strada vincente. In questo noi artigiani birrofili siamo favoriti e lo sforzo di chi come Voi si impegna in tale direzione è ciò che ci vuole. Credo sia importante promuovere e sostenere campagne di consumo consapevole, senza rincorrere salutismi ed estremismi vari ma enfatizzando invece il piacere di abbandonarsi ad un buon bicchiere di birra godendo del suo effetto euforizzante e socializzante ed assaporando la cultura che lo sostiene, valorizzando ed enfatizzando il basso tenore alcolico e la genuinità della birra artigianale da contrapporre ai prodotti di moda ottenuti industrialmente .

Quanto importante considera lo studio del bicchiere in cui versare la birra, ovvero la scelta del bicchiere corretto per esaltare le qualità la sua bevanda?

 

La birra è un piacere deve essere bevuta per assaporare il mondo che cela dietro di se e che parla di persone, di stili di vita e spesso di scelte difficili che consentono la sua realizzazione. Mi piace pensare che il produttore ed il consumatore si incontrino in un luogo sospeso tra il momento in cui il produttore tappa la bottiglia di birra ed il consumatore la apre. Il bicchiere “veste” la birra , le consente di dare forma alla sua anima, permettendole di rappresentarsi e di esprimere la sua origine e di raccontarsi. In tale accezione il bicchiere è senz’altro importante in quanto corollario indispensabile all’apprezzamento della storia che essa racconta. L’utilizzo dei sensi quale strumento di analisi scientifica anche sofisticata è ormai invalso da tempo. Il panel test obbligatorio per l’olio o il lavoro del “naso” nell’industria cosmetica sono esempi chiari. Tuttavia la base perché sia possibile  parlare di analisi è un rigore nella realizzazione del panel e nell’esecuzione delle degustazioni-analisi. Proprio questo rigore mi porta a pensare che nel caso della degustazione l’eccessivo tecnicismo toglie poesia, allontana dall’anima del creatore del prodotto e non consente di assaporare appieno le sensazioni che la birra è in grado di evocare. Ciò detto sicuramente il bicchiere della giusta forma aiuta ad assaporare la birra; rimango però abbastanza freddo di fronte al sofismo che a volte accompagna l’atto della degustazione. Vorrei che la semplicità del bere non venisse intaccata da un eccessivo tecnicismo.

Lorenzo Bottoni e Marco Tripisciano

Ha in mente per il futuro prossimo qualche nuova creazione, o qualche specialità, che vuole anticiparci?

I nostri sforzi e le nostre speranze sono di riuscire a trovare uno stile personale, di sviluppare una particolarità che permetta a tutti di riconoscere il nostro prodotto. Tale obiettivo molto ambizioso è da valutarsi nel corso degli anni e pertanto i nostri obiettivi a breve – medio termine sono quelli di consolidare la nostra realtà nel contempo sperimentando per quanto possibile. Siamo affascinati dal legno, dall’affinamento in tini, fusti e barriques; per questo abbiamo realizzato una cantina nella quale ci divertiamo a giocare con i legni e le birre per cercare di realizzare una birra nata in birrificio e vissuta in cantina; speriamo di proporla per ottobre. Stiamo anche cercando di collegarci al territorio tenendo a mente la cucina tipica delle nostre zone nel disegnare una nuova birra; stiamo anche provando materie prime particolari. È così che abbiamo realizzato una collaborazione con un agricoltore della provincia di Savona da cui abbiamo acquistato l’intera produzione di chinotto (presidio Slow Food) con il quale realizzare alcuni prodotti utilizzandolo in luogo dell’arancio amaro. Con il nostro impianto pilota abbiamo realizzato una birra amaricata con assenzio che contiamo di proporre per l’estate se riusciremo a trasferire la ricetta nell’impianto di produzione. Abbiamo in animo di realizzare un progetto di produzione di birra condizionata in fusto (ispirandoci alla Real Ale britannica) per il quale siamo alla ricerca di alcuni partner che siano interessati come noi alla diffusione di un tale prodotto realizzato in loco. Purtroppo alcuni problemi di start up ci hanno condizionato determinando un ritardo nell’avvio della produzione.

Cosa ne pensa del mondo birrario artigianale, ovvero del modo col quale si sta procedendo, le scelte che si sono fatte in passato e se ha delle proposte per rendere i consumatori più consapevoli delle differenze radicali che esistono tra birra industriale e artigianale.
 

Ritengo fondamentale il lavoro di crescita culturale che UnionBirrai sta facendo. È però necessario fare molto di più ed è fondamentale che si creino le condizioni perché tutti i soci possano dare il loro contributo. Bisogna lavorare sia sul fronte esterno, con iniziative promozionali, sia sul fronte interno contribuendo a semplificare l’avvio di nuove realtà, sostenendole anche dal punto di vista della consulenza all’avvio, che , almeno per noi, ha rappresentato un discreto ostacolo. Se si moltiplicheranno le realtà locali e se cresceranno nella consapevolezza di cos’è un prodotto artigianale tutto il movimento ne uscirà rafforzato.

Già a partire da fine gennaio sul nostro sito pubblicheremo un appello a tutti gli Home Brewer per la ricerca di una ricetta da adottare per la birra del prossimo natale. Vorremmo che la nostra birra di natale fosse un regalo reciproco, fatto da noi all’home brewer (che mettiamo a disposizione impianto e materie prime) e dall’HB a noi (che mette a disposizione la sua fantasia).  In pratica chiunque abbia un idea particolare da proporre ed abbia voglia di venire a farla sul nostro impianto potrà proporla. Quella che sceglieremo verrà realizzata nel nostro impianto dall’home brewer che l’ha ideata e le bottiglie realizzate saranno firmate da lui.

Ogni anno produrremo una diversa birra di natale che sarà scelta tra quelle proposte ogni anno. Ci sembra un buon modo di sostenere il fenomeno Home Brewer e nel contempo consentire a chi volesse tentare la strada della produzione professionale di fare un esperienza che speriamo significativa.

 

Febbraio 2006

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